L’ospitalità

Una volta mi ritrovai a dover rientrare da Roma a Cagliari in traghetto. Dovetti imbarcarmi alle diciotto e sarei arrivata la mattina del giorno dopo intorno alle dieci. Era stato un rientro improvviso per cui non trovai posto in cabina e la notte si presentava assai difficile da trascorrere, seduta al banco del bar, con gli occhi di diversi uomini puntati addosso. Ricordo che vestivo dei pantaloni rossi corti appena sopra le caviglie, aderenti, di seta marezzata, una camicetta bianca a quadretti color fragola  con un colletto alto e scollatura incrociata che si chiudeva con un fiocco su un lato del punto vita, scarpette rosse spuntate con zeppa e intrecciate sul polpaccio alla schiava, collana e orecchini con grosse perle bianche, borsetta a trapezio con il doppio manico e un’insolita acconciatura anni dieci composta da trecce raccolte sul capo adornate con fermagli  a mo’ di  ciliegia.

L’incontro

In effetti ero un po’ intimidita quando notai un ragazzo che conoscevo bene, un poliziotto che abitava nei pressi di casa mia; stava insieme ad un gruppo di amici, tutti poliziotti in borghese, che rientravano da un corso di aggiornamento. Marco, così si chiamava l’uomo che conoscevo, un bel tipo, eccentrico e sempre spettinato si avvicinò per salutarmi e per chiedermi come mai ero lì da sola; gli altri, a breve, ci raggiunsero e trascorsero con me alcune ore prima decidersi ad andare a dormire nella loro cabina pur se dispiaciuti e preoccupati all’idea di lasciarmi sola. Li salutai con un caloroso abbraccio. Erano stati molto premurosi.

La sorpresa

Una volta andati via cercai di sistemarmi in una posizione poco appariscente e di tenere un atteggiamento ostile ma il tentativo di abbordaggio di loschi figuri continuava. All’improvviso vidi rientrare Marco. Mi disse che in effetti non erano tranquilli sapendomi sola in quel bar per cui mi propose di dormire nella loro cabina. Lo seguii felice dell’invito, ero tanto stanca e avevo bisogno di stendermi. Entrai e li trovai seminudi pronti ad andare a letto, osservai i loro bei corpi e i visi interessanti e perversi. Vi erano quattro cuccette e loro erano in otto per cui dovevo capire con chi avrei dormito. Disse Andrea «Mettiti comoda, non vorrai dormire vestita? Sarebbe un peccato, la seta si stropiccia. Puoi stare tranquilla con noi.»

E adesso spogliati

Mi spogliai in un angolo, dietro la cuccetta, tolsi per prima la parure mentre scorgevo il loro sguardi fintamente disinvolti. Iniziai a smontare l’acconciatura quando uno di loro, il più bruno e con gli occhi smeraldeschi, si avvicinò alle mie spalle e mi sciolse i capelli accarezzandoli e scompigliandoli, in modo sensuale, per tutta lunghezza. Cingendomi la vita, sciolse anche il fiocco della camicetta lasciandomi con indosso il mio reggiseno a balconcino con gancetti sul davanti e mentre lo sbottonava disse: «Meglio se levi anche questo.» Così ne approfittò per accarezzarmi i seni per poi stringerli stuzzicando i capezzoli con le dita. Gli altri avevano interrotto quello che stavano facendo per guardarci. Marco era imbarazzato e gli disse: «Dai, Roberto non esagerare.» «Può fermarmi quando vuole ma a me sembra che questa puttana non ne abbia intensione.» Io continuavo a stare di spalle a Roberto che si strusciava sul mio corpo; con le mani stavo aggrappata ai ferri della cuccetta, iniziavo a eccitarmi mentre mi sbottonava i pantaloni che scivolarono a terra e dopo aver tirato via le mutandine di voile sciogliendo i fiocchi sui lati, a quel punto m’infilò due dita della figa e urlai di piacere.

Otto contro una

Gli sentii dire: «Marco non ci avevi detto che la tua amica era una gran troia, scommetto che è pronta a farsi fottere da tutti noi. Quelle parole mi eccitavano per cui ammisi senza pudore: «Sì, stalloni scopatemi tutti, fatemi vedere quanto siete maschi.» Non se lo fecero certo ripetere. Sentii Roberto aprirmi il culo e infilarci il suo grosso cazzo mentre con la mano continuava a trastullarmi la figa e con l’altra mi teneva chiusa la bocca; nel frattempo gli altri avevano tirato fuori i loro cazzi duri e iniziavano a segarsi. Andrea disse a Roberto: «Mettila a pecora, qui in mezzo così ci soddisfa tutti questa svuotacazzi.» Dopo aver detto ciò, Roberto mollò la presa e Andrea mi trascinò a terra costringendomi a prendere il cazzo di Marco nella figa essendosi steso apposta sul pavimento. Spensero le luci e riuscirono a prendermi da dietro in due mentre un cazzo mi occupava la bocca e mi scopava sino in gola. Dopo aver ricevuto la sborra di tutti rimasi stesa a terra sfinita.

Buio

Mi fu messo un cuscino sotto la testa e mi assopii un attimo, mi accorsi che qualcuno era uscito dalla cabina. Poco dopo Roberto mi mise una benda intorno agli occhi e altri due mi legarono mani e piedi ai tubi dei letti a castello, ero di nuovo eccitata ma per un po’ non accadde nulla. Ad un tratto sentii la porta riaprirsi. Capii dai loro discorsi che avevano rimediato una decina di quei ceffi che mi ronzavano attorno e che pagavano per entrare, mi scopavano uno dopo l’altro la figa, il culo e la bocca. Dopo avermi sborrata andavano via. Mentre ciò avveniva gli altri incitavano il toro a sfondare la vacca ridendo divertiti mentre io godevo da vera zoccola, ormai era quasi l’alba. Qualcuno mi prese in braccio e mi sdraiò sul lettino, tutta incrostata di sperma. Mi mise una coperta addosso e presi sonno in un attimo.

Il risveglio

Mi svegliai sola in cabina. Gli altri erano già andati via. Riuscii a darmi una sciacquata e indossai un vestitino di lino bianco con dei sandali. Raccolsi la chioma alla meglio e infilai un capello a larghe falde, modello colazione da Tiffany. Nella valigia non c’era più la biancheria intima. Sotto il vestito corto ero nuda e si vedeva. Guardai nella borsetta per vedere se c’era tutto e oltre a quello che doveva esserci vi erano mille euro, i proventi degli sconosciuti.  Che galantuomini! Gli avevano lasciati a me.

La ricompensa

Uscii dalla cabina.  Ogni volta che incrociavo lo sguardo di un uomo mi chiedevo se era tra quelli che mi avevano montata quella notte. Io non provavo nessun imbarazzo. Giunta sul ponte mi affacciai ad osservare la mia città che si faceva sempre più vicina. Vidi i poliziotti in divisa anch’essi osservare il mare e salutare le loro ignare fidanzate. Decisi di non avvicinarmi. L’odore del sesso mi stava ancora addosso e poi che bisogno c’era di salutarsi. In fondo erano stati ringraziati abbastanza per loro ospitalità.

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