L’avvocato del diavolo

Vorrei e non vorrei

Lucy

Per qualche mese della mia vita volli provare l’esperienza del telefono erotico. Considerato che noi donne ci eccitiamo molto con l’udito era una buona alternativa ad una masturbazione davanti a un film porno. Per i teleamanti mi chiamavo Lucy. Il regolamento prevedeva tassativamente che se qualche cliente chiedeva di una centralinista particolare la collega era obbligata a passare le chiamate. In brevissimo Lucy, ossia io, divenne ricercatissima. Il turpiloquio diventava fondamentale in quel tipo di conversazioni e incrementava la mia fantasia espressiva.

Il telefono erotico: istruzioni per l’uso

Sapevo bene come trattare i master e per fare la padrona mi ero organizzata anche se avevo sbeccato tutta la parete a colpi di cinghia e catenacci.

Comunque, il segreto del mio successo erano i vibratori e il rumore dello squirting che li convinceva che senza dubbio erano riusciti a eccitarmi così riuscivo a farli sborrare. Poche volte mi sono trovata in difficoltà, un caso di pedofilia, per esempio, che fiutai quando, l’utente in questione mi disse che la sua fantasia sessuale era che lo portassi in un bosco e gli amputassi l’uccello con una accetta. Difficile definirlo semplice masochismo, indagando con cautela mi feci confessare la verità e riuscii a farlo segnalare alle autorità competenti ma soprattutto avevo messo il veto per i travestiti. Quando qualcuno mi chiamava ed esordiva dicendo di essere vestito da donna ammutolivo, il massimo che mi veniva da dire era “Stai bene” infatti mi veniva tolta la comunicazione e passata ad un’altra.

La dama del buon consiglio

Ben presto diventai anche la psicologa dei teleamanti, se qualcuno aveva bisogno di parlare lo passavano a me.

«Mia sorella mi gira intorno in perizoma, sto impazzendo cosa devo fare?»

«Sbattiglielo nel culo.»

«E se scoppia un casino in famiglia?»

«Allora prova con questa formula “Se non vuoi che te lo sbatta nel culo non girarmi intorno in perizoma”.»

«Sì…ok faccio così.»

«Oh fammi sapere.»

«Contaci.»

Qualche giorno dopo mi fece sapere della sua bella scopata con la sorella porca che già si scopava il padre e l’altro fratello. Tutto questo quando la madre non c’era. E tanti auguri.

Naturalmente non potevamo dare numeri privati e incontrare i clienti anche se qualcuno provava a darti il suo numero e chiedeva di essere richiamato. Eppure, una volta, un avvocato che mi cercava spesso e apprezzava molto questo mio misto di cultura, ironia, porcaggine e disponibilità all’ ascolto, riuscì a trovare il modo di incontrarmi. Benché conoscesse il regolamento si era studiato la situazione molto bene.

Lui era abbastanza turbato dalle avance della sorella della moglie che con malizia gli confessava di risentire del fatto che il marito non la scopasse più ma diede retta al mio consiglio di lasciarla perdere perché ero certa che se seguiva la porcona, il matrimonio e i suoi due figli se li poteva scordare. Oltre alla possibilità di essere scoperti, il rancore evidente che tale donna infame nutriva evidentemente per la sorella l’avrebbe portata, in maniera narcisistica, a far esplodere la bomba. Quindi mi era molto grato per i buoni consigli che seguì alla lettera.

Appuntamento al buio

Dall’accento era riuscito a localizzarmi, dunque sulla città in cui vivevo non aveva dubbi per cui un giorno mi disse una frase criptata che io compresi al volo. Era appassionato d’opera, la seguiva in diverse città. Mi disse che doveva lasciarmi perché il giorno dopo era atteso all’hotel Panorama, noto hotel della mia città, per una convention di avvocati ma aveva fretta perché non riusciva a trovare i gemelli donati da suo padre che recavano la A del loro cognome. Poi, alle 20.00, al Teatro Lirico, ci sarebbe stato il Don Giovanni e non voleva perderselo e io sapevo bene che il giorno dopo ci sarebbe stata l’attesa Prima. Allora gli chiesi con chi sarebbe andato e lui mi rispose: «Con una sconosciuta trovata in una chat e che non ho mai visto. Gli ho chiesto di indossare una stola rossa è un vestito scollato aderente nero, lei dovrebbe riconoscermi dai gemelli e da un papillon argentato; l’appuntamento è al bar del teatro, spero tanto che non manchi. Poi proseguiremo la serata a cena al Flora, il ristorante annesso al Teatro in questione e concluderemo in modo hot, a casa di alcuni miei amici avvocati, tutti maschi.» Ne ero sicura, era un invito e mancava un giorno. E poi facevo solo il turno dalle 20 alle 22; il venerdì, lui lo sapeva bene, era il mio giorno libero e sarebbe stato quello successivo. Aveva pensato a tutto con grande abilità.

Don Giovanni

La mattina dopo andai a farmi bella, avevo già gli indumenti che chiedeva. Passai la serata a fantasticare. Giunsi al bar del teatro e ci riconoscemmo in un attimo, lui disse semplicemente “Valentina?”. Rimasi di stucco, ero convinta mi avrebbe chiamata Lucy, come faceva a saperlo?

«Noi avvocati abbiamo i nostri investigatori e se potevo lasciar perdere mia cognata per nulla al mondo mi sarei perso te, adoro i tuoi libri, non è stato poi così difficile capire chi eri. Sei molto sexy comunque, mi fai venire certe voglie… e poi il Don Giovanni l’ho visto parecchie volte.»

«Anch’io l’ho visto più volte e non ho nemmeno tanto appetito, per lo meno di cibo.» Dissi con malizia.

«Sono un po’ indeciso…»

«Preferisci andare prima a cena?»

«No. E che non so se sbatterti prima per conto mio e poi in gruppo o viceversa. Ma stai tranquilla, non lascerò a te questa scelta.»

Quanto mi piacciono quelli che non mi danno scelta. Nel frattempo l’ultimo avviso era stato dato; le porte del teatro erano state chiuse e nessuno poteva più uscire sino alla fine del primo atto.

Niente Don Giovanni

Ormai era deciso. Niente Don Giovanni, a parte quello che avevo davanti che somigliava in modo singolare a Clarke Gable e questo bastava a farmi girare la testa più di qualsiasi drink.  Con voce da tenore intonò La ci darem la mano… e così dicendo iniziò a sfiorarmi le dita. Io continuai canticchiando in falsetto e finta ingenuità Vorrei e non vorrei…

A quel punto il suo sguardo assunse un’aria strana, mi prese per il braccio in modo audace e mi porto verso il bagno. Entrammo in un cesso qualsiasi, chiuse la sicura e mi sbatté contro la porta, mi baciò con forza piegandomi il collo con una mano mentre con l’altra mi scopriva i seni prima di scendere a frugare la figa che naturalmente perdeva già brodo caldo. Mi ordinò di aprire la bocca e la riempì di sputi.

Poi mi ordinò di inginocchiarmi e pretese un pompino onnicomprensivo di leccata di culo e di palle.

«Alzati cagna e girati perché ora ti spacco tutti i buchi.» Obbedii con piacere e tanto di più quando sentii il suo spadone passare da un buco all’altro senza alcuna preoccupazione. Io ero già venuta più volte quando mi disse: «Ti sto sborrando nel culo vacca». Ebbe un orgasmo animalesco da mettere in crisi la staticità del teatro. Che bestia… e chissà gli amici.

L’avvocato del diavolo ed io ci demmo una sistemata e ci accingemmo a lasciare il teatro.

Il parcheggio proibito

In realtà mi porto in un parcheggio. Per tutto il tempo in macchina parlammo di opera, balletto e musica sinfonica. Era vero: iniziare la giornata con dieci minuti di Mozart metteva in moto le sinapsi del cervello. In macchina ascoltavamo Ludovico Einaudi. Ad un certo punto si fermò in un parcheggio dove sapevo avvenivano incontri sessuali ma era la prima volta che ci andavo. Vidi quattro uomini scendere da una macchina e avvicinarsi a noi. Non ero mai stata scopata all’aperto e lo trovavo molto eccitante; i quattro avvocati coi loro giubbotti borchiati e le maschere sugli occhi sembravano i killer della Uno bianca. Mi spogliarono tutta e m’imbragarono con collari, catene ai polsi e altre restrizioni. Sul viso m’infilarono un oggetto che mi costringeva a tenere la bocca aperta. Dapprima succhiai tutti i loro cazzi eccitata dalla fantasie che dimostravano nel dirmi le loro porcate come quella che era ora di impalarmi a turno per poi darsi il cambio in varie combinazioni di doppie e tutto questo mentre mi tenevano a guinzaglio o a carponi in mezzo al terriccio o contro le loro auto. Ad un certo punto mi liberarono da tutte queste costrizioni lasciandomi nuda con le sole scarpe. In quel momento si affiancò a noi un camionista, gran brutto ceffo ma nel contesto era perfetto. L’avvocato del diavolo si diresse verso il camion prendendomi sottobraccio mentre lui aprì il finestrino. Giunta al suo cospetto l’avvocato gli disse: «Ti va di fotterti questa puttana, ce la siamo sbattuti tutti ma ha sempre voglia». L’uomo sorrise perverso, aprì lo sportello, mi fece salire e iniziò a farsi spompinare per po’, poi prese a incosciarmi davanti e dietro, squirtai talmente tanto che gli gocciolava tutto il parabrezza. Dopo avermi pompata fino a farmi urlare di piacere mi sollevo e mi costrinse a bere tutta la sua sborra. Poi di malo modo mi fece scendere da camion dicendo: «Ma dove l’avete trovata questa lurida cagna.» Risposero «Fa la troia in un telefono erotico ma dovrebbe battere il marciapiede visto che la pratica supera di gran lunga la teoria. Vai e rivestiti squallida zoccola.»

La ci darem la mano

Mentre rientravamo in macchina ci riprendemmo e l’avvocato mise su il brano di Don Giovanni.

«Che puttana, ti sei divertita da matti vero?» e nel dir questo mi prese la mano ed io candidamente ripresi a intonare “Vorrei e non vorrei…”. Mi accompagnò a casa e scese dall’auto per salutarmi, questa volta con dolcezza.

«Grazie per avermi impedito di fare sciocchezze con mia cognata.»

«Figurati, un buon consiglio non si nega a nessuno. Grazie a te per la bella serata visto che abbiamo realizzato le porcate che ci diciamo sempre al telefono.»

«Ti chiamo in questi giorni.» Scossi la testa.

«Non mi troveresti. Con stasera Lucy non esiste più.»

«Perché?» mi chiese sorpreso.

«Quello che volevo avere da questo lavoro l’ho avuto. Avremmo potuto rimanere l’uno per l’altra due esseri immaginari ma abbiamo scelto di incontrarci e di uccidere Lucy.»

Mi guardò perplesso «Sei una strana creatura. E Valentina? Posso rivedere Valentina?»

«No, perché anche se sono una lurida puttana ho un’etica e non frequento uomini sposati e affigliati, per lo meno non più di una volta.»

Mi prese il viso tra le mani e mi baciò, lasciai il telefono erotico, e da allora non lo rividi più. Ma quella fu una serata indimenticabile, talmente surreale, che la mattina dopo pensai di averla sognata se non fosse per tutta la sborra che mi si era cristallizzata ovunque e i buchi talmente dolenti da aver difficoltà a camminare. Mi ficcai sotto la doccia calda stringendomi sulle ginocchia mentre continuavo a cinguettare “La ci darem la mano…vorrei e non vorrei.”

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *