Blasfemie
Il Cardinal scortese
Quando incrociai il cardinale nell’atrio dell’albergo in cui avrei passato la notte provai un immediato turbamento erotico, vuoi per la maestosità del suo portamento, l’età avanzata ma ben portata e lo sguardo malizioso e pungente che mi rivolse in maniera rapida e fugace, fatto sta che da quel momento scattò l’ossessione di concedermi a lui. Al suo fianco vi era un uomo di cui non ricorderò mai le fattezze tanto appariva inesistente vicino a quel maschio così eccitante. Istintivamente gli rivolsi la parola chiedendogli dove fosse la reception e lui, con mia sorpresa, mi fulminò con una risposta arrogante e acidula. «Non è a me che deve rivolgersi per queste domande.» Accompagnò la risposta con un sorriso compiaciuto della propria ostentata superiorità e io mi limitai a pensare – Acido quest’uomo credo che abbia bisogno di un pompino-. Avevo già deciso come concludere la serata, dovevo ripristinargli i giusti valori del suo PH.
Il rimprovero
Seguì una cerimonia religiosa e una cena di gala e poi tutti i prestigiosi ospiti avrebbero dormito nel castello medievale adibito ad albergo.
Durante la cena lui sedeva alla mensa principale, poi si alzò e fece un giro tra i tavoli giungendo anche al mio. Gli feci cenno di avvicinarsi costringendolo a flettersi col viso e ad affondare gli occhi nella scollatura, gli sussurrai all’orecchio quello che intendevo dirgli sapendo che il mio respiro lo avrebbe ulteriormente eccitato.
«Volevo farle notare che è stato molto scortese quando ci siamo incrociati nell’andito. Le ho solo chiesto una semplice informazione.» Ora era visibilmente imbarazzato.
«Perdoni, non era mia intenzione essere scortese, non avevo capito che lei era la nostra ospite d’onore.»
«Dunque, lei degna della sua cortesia solo le persone di un certo rango, questo mi delude Monsignore.» «Le assicuro che non è così, probabilmente mi ha colto in un momento problematico. La prego ancora di perdonarmi.» Ciò detto si allontanò velocemente in preda allo sgomento.
Camera 106
Decisi di cogliere l’occasione e di abbandonare la cena che comunque giungeva al termine. Lui era ancora in giro per la sala. Mi avvicinai per salutarlo, avevo in mano le chiavi della mia stanza e la mia sicurezza era alle stelle.
«Monsignore, volevo salutarla e ringraziarla per l’indimenticabile serata.» Lui fece un leggero cenno del capo in segno di saluto e mentre abbassava lo sguardo feci roteare le chiavi della stanza in modo che potesse vedere il numero e tutta d’un fiato, sottovoce, sussurrai: «Camera 106.» Il suo sguardo assunse un’espressione perversa e stupita ma annuì. Gli sorrisi e, con un leggero inchino, mi congedai. Giunta in camera mi diedi una sistemata veloce e indossai un babydoll azzurro di voile trasparente e nient’altro oltre alle scarpe argentate.
Un quarto d’ora dopo sentii bussare alla porta, il cardinale si era tolto la tunica rossa e indossava solo l’abito talare nero. In pochi secondi lo spogliai e presi il suo cazzo sino in gola facendolo venire in un attimo e ingoiando tutta la sborra ma in pochi minuti l’attrezzo si era già drizzato con qualche giro di lingua. A quel punto mi afferrò per i capelli e mi trascino verso il letto. Il suo cazzo mi sfondò il culo mentre la sua intera mano fistava la figa.
«L’avevo capito che eri una troia sfondata, basta guardarti negli occhi.»
«E io avevo capito che Monsignore sapeva usare bene l’aspersorio.»
«Ma che puttana, ti va di farti scopare da un po’ di preti?.»
«Certo ma solo se in chiesa e con gli abiti adatti.» Venne un’altra volta sulle mie tette e con quella sborra iniziai a leccarmi le dita.
«Non solo troia ma anche blasfema. Gli ordini li impartisco io però.»
«Ti è concesso, del resto giochi in casa!»
Ci scambiammo il numero di telefono.
La chiesa del peccato
Il giorno dopo mi comunicò l’indirizzo della chiesa, l’ora dell’appuntamento e come dovevo essere vestita. Soprabito, tacchi alti, un rosario al collo e un velo di pizzo nero intorno alla testa. L’appuntamento era dal retro della chiesa che corrispondeva alla Sacrestia. Con un leggero tocco bussai alla porta. Ad aprirmi venne uno strano sacerdote dall’aspetto intrigante, sembrava più che altro un moschettiere, mi ricordava Michael York. Sorrise con perfidia.
«Ti aspettavamo sudicia cagna. Levati il soprabito, il cardinale vuole che entri in chiesa nuda.»
Mi levai il soprabito e seguii D’Artagnan in chiesa. Il cardinale mi aspettava seduto nel suo trono. Mi guardò dall’alto in basso. Davanti a lui vi erano una dozzina di uomini in abito talare. Mi fece cenno di avvicinarni e mi spinse contro il tavolo dell’altare. Io stavo di spalle al muro e gli porgevo il mio lato b. Iniziò a sfondarmi con una serie di oggetti indefinibili, contemporaneamente nei due buchi. Alternava oggetti caldi a oggetti freddi, alcuni vibravano altri avevano una superficie ruvida; gli oggetti erano sempre più grandi e io ero sempre più aperta ma l’eccitazione che mi provocava quel luogo era senza limiti. Non avrei potuto sentirmi più troia. Ad un certo punto mi ordinò di distendermi a terra, su un tappetto posto davanti a lui e chiese ai sacerdoti di abusare di me in tutti i modi che credevano mentre lui si godeva lo spettacolo masturbandosi. Per tutto il tempo ogni mio buco fu riempito a dovere, arrivarono a farmi contemporaneamente la doppia anale e nella figa, mi sentii dire le parole più sporche possibili, venni più volte, orgasmi multipli, andarono avanti per circa due ore e poi mi sborrarono ovunque. Stremata, mi lasciarono a terra mentre il cardinale si denudava per darmi la botta finale. Così irrorata da tutti quei cazzi ricevetti anche le sue spinte possenti e mi abbeverai al calice della sua sborra che vi aveva versato mentre si masturbava guardandomi scopare. Fece cenno ai sacerdoti di andare. Si erano già rivestiti e ci ritrovammo soli. Ora sorrideva.
Agli ordini di Monsignore
«Bene ho realizzato la tua fantasia. Ti chiedo solo una cosa. Pensi ancora che io sia un uomo scortese?»
La sua domanda mi colse di sorpresa. Mi aiutò ad infilarmi il soprabito mentre sorridevo e godevo per aver dissacrato un luogo di Dio.
«Non ti dimenticherò mai Monsignore.»
«Non voglio che mi dimentichi, ora sei la mia puttana ricordalo, verrai nel mio ufficio ogni volta che te lo chiederò e se mi va di regalarti ai miei amici ti do l’indirizzo e ci vai, so che ci andrai. Fare la puttana è la tua vocazione.»
E sì. Non sbagliava affatto. Era davvero la mia vocazione.